BIOGRAFIA

Tullio Tulliach nasce a Pola, in Istria, nel 1931. Nel 1947 deve abbandonare la propria città in seguito alle vicende del secondo dopoguerra. Il Trattato di pace di Parigi, infatti, sanziona la cessione dell´Istria alla Jugoslavia di Tito. Come molti altri istriani egli decide, con la famiglia, di trasferirsi nel campo profughi di La Spezia dove inizia a dipingere come autodidatta. Nel 1952 si sposta a Torino, alla ricerca di un lavoro ma anche per frequentare la scuola libera dell'Accademia Albertina. Alla fine degli anni Cinquanta, dopo aver compiuto ricerche e approfondimenti sulla pittura del gruppo noto come i "Sei di Torino", diventa allievo di Francesco Menzio e negli anni Sessanta e Settanta interpreta il paesaggio piemontese alla luce degli studi sul movimento di ispirazione futurista. Le colline del Monferrato e delle Langhe, dipinte in quegli anni, non hanno nulla di pittoresco ma sono piuttosto frammenti di pellicola, punteggiati da luci notturne, schegge di natura e di luoghi appena intravisti dall’abitacolo di un’auto. In seguito, il motivo ricorrente della sua ricerca estetica sarà rappresentato dal soggetto delle finestre. Lo stesso paesaggio non sarà più osservato in movimento, ma sarà bloccato e come fissato all’interno di un preciso confine rappresentato dalla finestra attraverso la quale la visione viene filtrata. Lo sguardo sulle cose si fa ora più meditativo e sospeso. Altri riferimenti artistici successivi, che confluiranno nella sua pittura, saranno la Metafisica italiana del Novecento e la pittura italiana del Seicento e Settecento lombardo. In particolare i pittori Evaristo Baschenis, di cui studia l’uso della luce nelle nature morte, e Giacomo Cerutti (detto il Pitocchetto), che raffigurava poveri, contadini e vagabondi con senso di pietà e forte empatia, in un genere pittorico quasi documentaristico. Nel 1986, subito dopo l´incidente nucleare di Chernobyl, assistendo all’agonia di un gabbiano sulle rive dello Stura, giunge a ideare una pittura che in seguito verrà definita “terminalismo”. Si tratta di una pittura che non si vuole discostare dalla grande tradizione italiana e che si sforza di mantenere tutte le caratteristiche tecniche che l’hanno contraddistinta: tridimensionalità, profondità prospettica, chiaroscuro e colore tonale. La sua nuova pittura trova fonte di ispirazione nelle cose che deperiscono, che avvizziscono e infine muoiono. L’artista dipinge la vegetazione alla fine del suo ciclo vitale, i resti animali scarnificati dal tempo, gli oggetti comuni abbandonati dall’uomo, i frammenti di radici antropomorfe, i rizomi, che la sensibilità dell’autore trasforma in dolenti metafore della condizione umana. Tullio Tulliach muore a Torino nel settembre 2016.